Esercizio dell’immaginario

A cura di Daniele Brambilla

Tra le tecniche proposte da Amadori e Piepoli, uno dei modi per alimentare il nostro immaginario e riappropriarci del fanciullo interiore, che ci permette “la spontaneità, la vivacità, la capacità di fantasticare e sorridere a tutto ciò che ci circonda”[1], consiste nel recupero attraverso le fiabe della nostra parte dimenticata[2]. Questo esercizio può collocarsi a monte delle strategie di impregnazione previste all’interno dei percorsi creativi, se nel primo caso gli stimoli sono indirizzati ad alimentare e allargare le capacità dell’immaginario: la fantasia e l’immaginazione per “l’immaginativa”[3]; nel secondo caso vengono raccolti i dati, in modo finalizzato, che possono essere utilizzati dall’immaginazione e dall’immaginativa inconscia, per elaborare nuove soluzioni.
Esistono delle tecniche che si potrebbero collocare tra ciò che rappresenta l’esercizio dell’immaginazione inconscia e la pratica di vera e propria impregnazione che viene utilizzata anche nei percorsi creativi. Queste possono essere individuate in ciò che Sassoon riferisce circa le strategie e ritualità che vengono adottate dai pubblicitari per approssimarsi al lavoro: “Molti dei pubblicitari intervistati dichiarano che le loro pratiche di ispirazione quotidiana si svolgono fuori del contesto di agenzia e hanno a che fare con un atteggiamento di particolare adesione alle cose più comuni. Sentire la radio e guardare molto la televisione (dai programmi per bambini alle telenovela). Prendere spesso i mezzi pubblici e recepire ciò che qualcuno descrive come un formidabile catalogo di dialoghi, argomenti, immagini, modi di vestire. Andare al cinema, al teatro, alle feste e seguire la musica e la moda. Cercare di mangiare in mezzo alla gente, anche quando si è soli. Curiosare in libreria e dei libri, magari, ‘leggere solo la quarta di copertina perché il buon pubblicitario si interessa sempre alla sintesi'”[4]. Ciò rappresenta una ricerca nella quale contemporaneamente i pubblicitari esercitano l’immaginario nella raccolta di elementi e fantasie collettive, e inoltre si impregnano nel tentativo di dare una risposta e trovare soluzioni a dei problemi, attingendo anche alle loro stesse fantasie e immagini che scaturiscono sullo stimolo dei dati di realtà.


[1]In Amadori A., Piepoli N., Come essere creativi, Sperling & Kupfer Editori, 1992, p. 40.
[2]Si veda la tecnica “Le mille e una fiaba”.
[3]Mutuiamo qui il termine dall’Arieti, il quale si riferisce al processo di immaginazione inconscia. In Arieti S., trad. it. Creatività. La sintesi Magica, Il Pensiero Scientifico, Roma, 1979.
[4]Sassoon J., Creatività e comunicazione: i pubblicitari, in Melucci A., Creatività: miti, discorsi, processi., Feltrinelli, Milano, 1994, p. 97.

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