Pedagogia della creatività: uso e incrementi

A cura di Daniele Brambilla

Una domanda pertinente alla declinazione pedagogica della creatività riguarda le modalità e le strategie attraverso le quali è possibile determinare una capacità d’uso, uno sviluppo delle potenzialità creative latenti o, comunque, un aumento delle capacità creative.
L’individuazione, tuttavia, di vere e proprie “pedagogie della creatività” risente di alcune difficoltà, provocate da almeno due elementi:
– innanzi tutto l’impossibilità di dare una definizione che possa designare in modo chiaro e univoco la creatività, infatti tra gli eventi creativi si può includere ogni azione intesa sia alla risoluzione di problemi e alla creazione di novità, che al raggiungimento di scopi anche puramente ludici o di soddisfacimento interiore ed espressivi.
– La seconda difficoltà nasce dalla necessità di effettuare una scelta nella molteplicità di corsi o itinerari formativi che dichiarano un più o meno esplicito legame con la creatività; l’espressione “formare alla creatività” è estremamente ambigua, in quanto porta con sé significati e azioni che sono plurime e diversificate secondo i luoghi e i contesti entro cui si colloca.
Assumendo che il significato di pedagogia è rapportabile al condurre qualcuno da qualche parte e che per creatività si intende la strada, il processo, che porta ad un risultato, ne discenderebbe che formare alla creatività significa intraprendere azioni volte a condurre gli individui ad una ottimizzazione dello stesso processo creativo che consente loro il cambiamento.
L’uso che è possibile fare del potenziale creativo permette inoltre di discernere tra diverse forme di creatività[1]. Per esempio la creatività artistica e quella scientifica fanno riferimento ad abilità, metodi e soprattutto scopi alquanto diversi; e ancora la creatività artistica può portare a realizzazioni visive, motorie, musicali, ecc. La creatività può da una parte essere vissuta e agìta nei diversi contesti, dall’altra essere oggetto di sviluppo e formazione specifica.

L’etichetta “sviluppo della creatività” riconduce quindi (come si è già fatto notare) a molti corsi. In questa pluralità, però, si potrebbero individuare almeno due tipologie corsuali distinte. La prima si può individuare nei Laboratori creativi e, la seconda nelle Palestre creative (obiettivo della presente trattazione). Queste ultime si possono distinguere dalle prime proprio per l’oggetto della formazione che è il processo creativo in sé: nei loro percorsi quindi non si insegna a fare teatro, danza, a dipingere affreschi o vasi in vetro; o ancora a scalare montagne o programmare computer; si inducono invece i partecipanti ad un lavoro di riflessione e ripensamento dei processi cognitivi che li coinvolgono quando svolgono azioni creative, oppure si insegnano ai discenti nuove tecniche cognitive finalizzate ad ottimizzare l’uso della creatività potenziale (individuale o del gruppo) e a rendere più efficace il processo creativo in funzione degli scopi prefissati o delle specifiche forme di creatività che vengono ricercate.


[1]Gardner H., trad. it. Intelligenze creative: Fisiologia della creatività attraverso le vite di Freud, Einstein, Picasso, Stravinskij, Eliot, Ghandi e Martha Graham, Feltrinelli, Milano, 1994.

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