Motivazioni profonde

A cura di Daniele Brambilla

Non meno importanti della conoscenza dei meccanismi formali tramite cui passa l’elaborazione creativa e delle caratteristiche personali attraverso cui questa si attua sono, come ci segnalano le ricerche di tipo psicodinamico, gli aspetti profondi e meno evidenti che portano gli individui alla realizzazione di una dinamica creativa.

Nella prospettiva psicodinamica la ricerca volta ad individuare le ragioni dell’impulso alla spinta creativa ha dato luogo a molte interpretazioni.
Operando un’estrema semplificazione dei termini del dibattito, esso può essere distinto in almeno due campi:
– Nel primo vi sono autori il cui giudizio, in generale, fa risiedere nella creatività una manifestazione di conflitti e pulsioni che alcuni individui hanno risolto tramite un mascheramento socialmente accettabile. La creatività consisterebbe, quindi, in una forma di sublimazione che genera un’attività socialmente utile e riconosciuta.
– Nel secondo vi sono autori che esprimono il superamento della prima visione “psicopatologica”, la creatività è qui vista come un elemento indispensabile allo sviluppo e alla crescita sana degli individui.

Un aspetto da sottolineare di tutte queste di ricerche è quello di essersi distinte per aver fornito un apparato interpretativo utile alla comprensione delle vite e delle opere di molti artisti[1].
Di questa opinione sono anche Rudolf e Margot Wittkower, secondo i quali gli psicanalisti hanno “recato un contributo importante servendosi delle vicende biografiche degli artisti per interpretare le loro opere, e derivando per converso dalle opere stesse conclusioni circa gli aspetti meno accessibili della personalità”[2]. I Wittkower sostengono inoltre che “gli psicanalisti considerano i problemi della personalità come lo stimolo soggiacente alla creazione artistica, e le loro opere come una nuova dimensione aggiunta alla personalità stessa, in quanto esse scaturiscono dallo scioglimento e dalla sublimazione delle repressioni”[3].

Secondo Arieti, Freud avrebbe favorito la “comprensione dei meccanismi psicologici formali del processo creativo”[4], contribuendo allo studio della creatività “riaffermando l’importanza dei processi inconsci, specialmente della motivazione inconscia”[5].
Al centro della teoria Freudiana sulla creatività è il concetto di sublimazione. In una prima visione essa consisterebbe in una deviazione che subirebbero le energie della libido (intesa come organicamente fondata) rispetto alla meta originaria. Tale “deviazione dell’energia sessuale”[6] avverrebbe a causa della “pressione di fattori innati (latenza) e ambientali (educazione) che portano alla costituzione nel bambino di strumenti psichici deputati specificamente al controllo dei contenuti libidici perversi”[7]. I contenuti della sublimazione agirebbero, quindi a scapito “della potenzialità sessuale affettiva dell’individuo e della specie”[8]
In altre parole, l’individuo creativo vivrebbe in uno stato di frustrazione rispetto alla sessualità ed altri ambiti della vita. Il ricorso alla creatività servirebbe dunque all’appagamento delle spinte pulsionali; i desideri inappagati sarebbero cioè un trampolino dal quale si originano le fantasie che esaudirebbero una realtà insoddisfacente. Le esperienze infantili e il bisogno di una soluzione ai conflitti da esse emergenti spiegherebbero l’attività creativa di alcuni artisti come Leonardo da Vinci[9].
Come mette in luce Vanni, il discorso riguardo la sublimazione nel pensiero di Freud in realtà è assai più articolato, esso infatti si sarebbe trasformato nel corso della sua riflessione più avanzata, nella quale, ad esempio, la decisione di creare è interpretata quale “frutto di una scelta volontaria e consapevole del soggetto”[10]
In conclusione, il contributo freudiano[11] è importante in quanto introduce, con forza, il tema della dinamica tra la parte conscia e quella inconscia, nonché dei meccanismi di espressione dell’inconscio che sottendono l’essere creativo degli individui; anche se, come ci lascia intendere l’Arieti[12], la realtà creativa non si origina solo dall’insoddisfazione data dalla frustrazione sessuale e dalla nevrosi.
Un secondo motivo che rende importante tale contributo è che “quasi tutte le interpretazioni dinamiche del processo creativo si collocano entro lo schema descrittivo e funzionale elaborato da Freud e, talvolta, si pongono o come approfondimento e specificazione, anche se settoriale ovvero come revisione dello stesso”[13]

Sul versante degli autori che ritengono invece la creatività come una funzione dell’attività sana degli individui si colloca Winnicott[14].
In primo luogo questo studioso assegna un ruolo molto importante al gioco. Considerando l’importanza che nel bambino ha “l’oggetto transizionale” nel processo di individuazione, Winnicott si forma l’opinione secondo cui il gioco ha una analoga funzione-ponte tra il bambino e la madre[15] e anche tra lo psicoterapeuta e il paziente[16]. Solo mentre gioca, l’individuo “è in grado di essere creativo e di fare uso dell’intera personalità, ed è solo nell’essere creativo che l’individuo scopre il sé”[17].
Una seconda funzione che Winnicott assegna alla creatività è la sua coincidenza con uno stato di vitalità esistenziale: “l’appercezione creativa fa si che l’individuo abbia l’impressione che la vita valga la pena di essere vissuta”[18]. Ciò in antitesi ad un atteggiamento di “compiacenza” per il quale “il mondo e i suoi dettagli vengono riconosciuti solamente come qualcosa in cui ci si deve inserire o richiede un adattamento”[19]. Portando ad un senso di inutilità associato all’idea che “niente sia importante e che la vita non valga la pena di essere vissuta”[20]. Questo modo di vivere, è associato da Winnicott allo stato patologico, ed ha come controparte la convinzione che: “vivere creativamente sia una condizione di sanità”[21].
Sintetizzando, la creatività appartiene, quindi, alla condizione stessa del vivere, in quanto è connaturata “alla maniera che ha l’individuo di incontrarsi con la realtà esterna”[22].

L’indagine psicodinamica ha ormai abbandonato la visione che accostava la creatività alla patologia, assumendo in generale un atteggiamento favorevole alle sue dinamiche. Anche nelle teorie secondo cui si pensa che la creatività abbia a che fare con delle conflittualità l’individuo creativo è visto favorevolmente; così ad esempio in Neumann[23] “la concezione freudiana dell’artista: lungi dall’essere un uomo che si difende dalle proprie pulsioni infantili mediante un sottile meccanismo di protezione, l’artista è un uomo che si espone alla tensione dialettica tra conscio e inconscio […]. E’ il cosiddetto uomo normale, invece che si difende trincerandosi nel collettivo dettato dal canone culturale”[24].

Si ricorda anche Jung[25] riportando sinteticamente ciò che ne riferisce l’Arieti[26]. Secondo Jung infatti il processo creativo, per quanto riguarda l’arte, si può verificare in due modi: quello psicologico e quello visionario, nella modalità psicologica il contenuto della produzione creativa verrebbe tratto dalla sfera della coscienza, esso dipenderebbe da uno “scopo diretto, consapevole e finalistico”; nella modalità visionaria invece “il contenuto non trae origine dalle esperienze di vita ma da una profondità senza tempo, da ciò che Jung chiama ‘l’inconscio collettivo'”[27], nel processo creativo che consiste in “un’animazione inconscia dell’archetipo”[28] l’individuo creativo “è alla mercé del contenuto riemergente”, conscio di “una volontà o intenzione aliena al di là della sua comprensione”[29] e incontrollabile.
Si vuole sottolineare come questo secondo motivo junghiano appare particolarmente aderente a visioni emergenti della creatività. Infatti, da questa visione dell’individuo, attraversato da energie creative, prendono le mosse e ispirazione alcune interessanti tecniche e corsi di creatività attuali.


[1]Si veda ad esempio: Kris E., trad. it., Ricerche psicoanalitiche sull’arte, Giulio Einaudi Editore, Torino, 1967.
[2]Wittkower R., Wittkower M., trad. it., Nati sotto Saturno., Giulio Einaudi editore, Torino, 1968, p. 312.
[3]Ibidem, p. 313.
[4]Arieti S., Creatività. La sintesi magica, Il Pensiero Scientifico Editore, Roma, 1979, p. 22.
[5]Ibidem, p. 23.
[6]Ibidem.
[7]Vanni F., Psicoanalisi della creatività Artistica e Scientifica, Cortina, Milano, s.d. (stampa del 1981), p. 16.
[8]Ibidem.
[9]Si veda Freud S., trad. it., Un ricordo di infanzia Leonardo da Vinci, in Opere, Boringhieri, Torino, 1976, vol. 8.
[10]Vanni F., op. cit., p. 20.
[11]Per un approfondimento del contributo Freudiano circa la creatività rimandiamo oltre alle opere già citate a:In Freud S., Opere, Boringhieri, Torino, 1967/72/77:
-1899, trad. it., L’interpretazione dei sogni, 1967, vol. 3.
-1905, trad. it., Il motto di spirito e la sua relazione con l’inconscio, 1972, vol. 5
-1907, trad. it., Il poeta e la fantasia, 1972, vol. 5.
-1916/17, trad. it., Introduzione alla psicoanalisi, 1976, vol. 8.
-1927, trad. it., L’umor, 1977, vol. 10.
Freud S., trad. it., L’Io e l’Es, Boringhieri, Torino, 1976.
In Vanni F., Psicoanalisi della creatività artistica e scientifica, Cortina, Milano, 1981; In Trombetta C., La creatività, un’utopia contemporanea, Bompiani, Milano, 1990, pp. 52-56.
[12]Arieti S., op. cit., pp. 24-25.
[13]Trombetta C., La Creatività. Un’utopia contemporanea, Bompiani, Milano, 1990, p. 52.
[14]Si veda Winnicott D. W. (1971), trad. it., Gioco e realtà, Armando Armando Editore, 1993.
[15]”Il giocare e la esperienza culturale possono essere localizzati se si usa il concetto dello spazio potenziale tra la madre e il bambino”, Ibidem, p. 101.
[16]”La psicoterapia si svolge nella sovrapposizione di due aree di gioco, quella del paziente e quella del terapeuta”, Ibidem, p. 102.
[17]Ibidem, p. 103.
[18]Ibidem, p. 119.
[19]Ibidem.
[20]Ibidem.
[21]Ibidem, p. 120.
[22]Ibidem, p. 124.
[23]Si veda Neumann E., trad. it., L’uomo creativo e la sua trasformazione, Marsilio Editori, Venezia, I ed. 1975.
[24]Trevi M., Introduzione, in Neumann E., Ibidem, 1975, p. 11.
[25]Si veda Philipson M., Outline of Jungian Aesthetics, Northwestern University Press, Evanston, 1963.
[26]Si veda Arieti S., op. cit., pp. 28-29.
[27]Ibidem, p. 28.
[28]Ibidem.
[29]Ibidem, p. 29.

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