Occasioni multiple

A cura di Daniele Brambilla

Nella distinzione operata nel paragrafo precedente(2.1.), si incontrano ulteriori elementi di difficoltà, infatti l’individuo, vivente in un vasto sistema ecologico[1], può essere a sua volta considerato come un sistema complesso e multiplo, con le sue caratteristiche e proprietà specifiche i suoi desideri e la sua volontà di crescita ed espansione. La creatività può essere immaginata come il processo nel quale si incontrano le risorse dei sistemi e gli scopi o desideri che il sistema individuale o quello organizzativo[2] e sociale si sono dati. Tali scopi possono procedere determinando diverse occasioni di creatività:

1. L’individuo (o il gruppo) fa uso della creatività al fine di realizzare idee o prodotti utili, per risolvere problemi o elaborare strategie d’azione.
2. L’individuo (o il gruppo) si serve della creatività con una finalità ludica, nella quale non conta la realizzazione di un prodotto, quanto lo svolgimento del processo in sé[3].
3. L’individuo (o il gruppo) utilizza la creatività per attuare un cambiamento e/o realizzare una modificazione sostanziale del sistema che gli è proprio.

Tali direzioni possono tutte quante essere occasioni di sviluppo della creatività, ma se i laboratori creativi si muovono soprattutto nelle prime due direzioni, le palestre creative si muovono soprattutto nella terza, ma anche nelle prime due quando le esperienze condotte sono finalizzate a forme di consapevolizzazione o ad una successiva riflessione dei processi cognitivi attraversati. Ad esempio: si potrebbero indurre i partecipanti di un corso a dispiegare tutta la loro creatività al fine di realizzare un enorme “elefante da salotto”: durante tale percorso probabilmente acquisiranno abilità manuali, capacità nell’uso di materiali e strumenti, capacità relazionali, cognitive e forse una nuova concezione di salotto; tuttavia l’organizzazione di un tale corso, per quanto raffinata, non potrà fruttare un effettivo e stabile incremento della capacità creativa se i partecipanti non saranno indotti ad una riflessione volta al riconoscimento dei processi cognitivi da loro impiegati durante il lavoro.


[1]Bronfenbrenner U. (1979), trad. it., Ecologia dello sviluppo umano, Il Mulino, Bologna, 1986. Per Urie Bronfenbrenner l’ambiente ecologico è concepito “in modo topologico, e cioè come una serie ordinata di strutture concentriche incluse l’una nell’altra.” (p. 55) tali strutture sono definite come: microsistema, mesosistema, ecosistema e macrosistema e vanno dalle relazioni interpersonali più strette a quelle sociali, ambientali e culturali.
[2]In Elster J., trad. it. L’io multiplo, Feltrinelli, Milano, 1991. In Demetrio D. (a cura di), Apprendere nelle organizzazioni, La Nuova Italia Scientifica, Roma, 1994.
[3]Alberto Melucci sottolineando che l’attività creativa non può essere ridotta alla sola idea di Problem Solving è molto chiaro: “…possiamo immaginare atti creativi che non risolvono problemi: l’arte è per eccellenza uno di questi gesti gratuiti che non risolvono problemi, se non eventualmente quelli interni, psicologici ed emozionali, dell’artista.” E ancora: “..non esiste azione umana che non sia finalizzata, che non sia intenzionata e dunque portatrice di senso. Ma il senso può essere […] quello che scaturisce dal bisogno stesso di produrre significati, al di fuori da ogni orientamento a uno scopo che non sia l’esperienza stessa”. Melucci A., Creatività: miti, discorsi, processi, Feltrinelli, 1994, pp. 21-22.

««- ^ -»»