Creatività

A cura di Daniele Brambilla

Cultura della CREATIVITÀ

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Significato del termine
L’uso estremamente comune della parola creatività crea problema e imbarazzo. Essa, infatti, non possiede un significato chiaro e univoco, è una voce impiegata in molteplici contesti anche a scopi difformi. Melucci, rilevando un’interessante trasformazione nell’uso di tale termine nota infatti che: “La parola creatività compare nei dizionari alla fine del secolo scorso, ma rimane confinata al linguaggio degli specialisti“[1]. Su un altro versante, però, lo stesso autore fa notare che oggi la parola creatività e l’aggettivo “creativo” ricorrono di sovente nell’uso non specialistico della conversazione quotidiana: “Il discorso dei media riflette e alimenta questa diffusione parlando ormai di creatività in cucina, in giardino, nell’abbigliamento, nei rapporti di coppia, nell’educazione dei figli, nel lavoro e nel tempo libero“[2].

Se poi ci si riferisce alle teorie e alle ricerche sulla creatività, in senso stretto, si può scoprire che il significato e l’impiego plurimo del termine non scompare. A questo proposito Trombetta[3], ad esempio, sostiene che “nel descrivere la creatività e nell’analizzare i processi psicologici che la sostengono e la esplicitano, ci si può riferire [..] o al pensiero creativo o alla persona creativa“, ma che la ricerca psicologica è ricchissima di “sfaccettature” e di “angolature“, con cui è possibile affrontare anche uno solo di questi temi (vedi De crea ).

Dunque cosa significa creatività?

  • Il dizionario UTET[4] ne offre una duplice definizione: come capacità, facoltà, attitudine a creare; come attività, operosità dinamica, forza costruttiva.
  • Il dizionario Garzanti[5] la definisce come la capacità di creare, di inventare con libera fantasia.
Creare, costruire, inventare e agire liberamente sono quindi le proprietà di chi opera con creatività: il creativo”. Gli stessi dizionari, infatti indicano la parola creatività come derivante da creativo, colui che crea.

Creare
Creare era in origine un’azione che poteva vedere come sola causa incondizionata Dio: “Che l’uomo potesse essere creativo nel pensiero e nell’azione era considerato blasfemo fino a qualche secolo fa”[6]. Questa attribuzione però rappresenta solo un momento del rapporto complesso che ebbero le società verso artisti e individui geniali. Le diverse culture, infatti, reagirono al fare degli artisti in modi differenti, così, ad esempio, si ha da una parte l’atteggiamento di diffidenza e quasi disprezzo del mondo greco e romano, in cui “l’opera dei pittori e degli scultori in quanto lavoro manuale, […] era lasciato, in un’economia schiavistica ai membri della classe servile“[7] o comunque si riteneva, su influsso dell’estetica platonica[8], che l’arte potesse “fornire solo un vago riflesso della vera essenza della realtà, le idee, che essa tenta di riprodurre, per così dire, di seconda mano“[9]. Ben diversa la glorificazione del genio nell’età rinascimentale, in cui “l’artista fu personalmente onorato come un essere divino“[10].

Le diverse attribuzioni di valore fatte agli artisti, che portano da una parte a paragonarli a semplici artigiani dall’altra a divini creatori, riflettono e sono in relazione anche alle molteplici spiegazioni che nelle epoche si diedero al sorgere dell’idea[11]. Attualmente, si tende ad attribuire a tutti gli individui la capacità di produrre atti creativi, imprevedibili e originali; ed esistono corsi e pubblicazioni il cui intento formativo è di svilupparli e moltiplicarli. Le tecniche sono molteplici così come lo sono gli approcci e le definizioni; ma la creatività non è più blasfema, o eccezionale, non sfida più la collera divina, anzi è patrimonio molteplice che viene cercato e sviluppato al fine di una miglior economia individuale e sociale.
La creatività è perciò sempre più oggetto di formazione, le pubblicazioni in commercio sono vendute nelle librerie qualificate come nelle edicole e si propongono come manuali di cambiamento; i corsi di creatività per adulti si rivolgono a un pubblico eterogeneo con diverse metodologie e approcci, sono tenuti anche da società di consulenza specializzate nella formazione a tecniche di creatività e sono indirizzati a individui, gruppi, aziende.

Due sono i presupposti culturali comuni a queste pubblicazioni e scuole:

  • il primo è che la creatività è considerata una qualità presente in tutti,
  • il secondo è che tale qualità può essere migliorata e sviluppata.
La creatività è considerata quindi un elemento quotidiano nella vita degli individui, parte sostanziale della loro natura, risorsa fondamentale a cui attingere nelle diverse occasioni della vita e del lavoro. Da qui il valore attribuito a tutti gli sforzi per rendere più creativi il comportamento, il pensiero, nonché l’impegno allo sviluppo e alla stimolazione di tutte le potenzialità individuali.
In sintesi, la creatività oggi esprime un valore positivo che si esplica nei diversi ambiti attraverso la ricerca di un miglioramento che passa, appunto, dallo sviluppo delle capacità creative, e i cui scopi possono essere i più disparati come migliorare la qualità della vita, le capacità professionali, lo studio, le capacità ideative.

I luoghi della creatività e la formazione
La molteplicità della nozione di creatività riguarda anche il campo formativo. Nei luoghi di esercizio della creatività “socialmente riconosciuta” come tale (scuole di teatro, musica, di realizzazione artistica e poetica, di ricerca e invenzione) la messa in atto di un’arte, di una tecnica o scienza è favorita dalle qualità creative individuali o collettive. Grazie ad esse tali arti trovano respiro e stimoli nuovi, d’altra parte proprio l’esercizio di tali arti è terreno favorevole allo sviluppo e incremento della caratteristica creativa nelle sue diverse modalità espressive: in sostanza, vi è una reciproca influenza tra lo sviluppo della creatività e lo sviluppo delle arti.


[1] Melucci A., Creatività: miti, discorsi, processi; Feltrinelli, Milano, 1994, p. 11.
[2] Ibidem.
[3] Trombetta C., La Creatività, Bompiani, Milano, 1990, p. 16.
[4] Grande dizionario della lingua Italiana, UTET, III vol. (cert-dag), Torino, 1964.
[5] Il grande dizionario Garzanti della lingua italiana, Garzanti, 1987.
[6] Bendin M., Creatività, come sbloccarla, stimolarla e viverla, Arnoldo Mondadori, Milano, 1990, p. 13.
[7] Kris E., Kurz O., La leggenda dell’artista, Editore Boringhieri, Torino, 1980, p. 38.
Il secondo fattore che offre una base al rifiuto dell’artista da parte della società, ha il suo fondamento nei princìpi dell’arte stessa e ha trovato la sua più elevata e duratura teorizzazione nell’estetica platonica: in quanto mimesis, cioè in quanto copia della natura“,
[8] Ibidem.
[9] Ibidem., pp. 38-39.
[10] Ibidem., p. 47.
[11] Si veda Panofsky E. (1924), Idea. Contributo alla storia dell’estetica, Ed. La Nuova Italia, terza ristampa 1989.

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